Le politiche europee sull’immigrazione sono governate dal principio di solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità fra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Infatti, l’attuazione di una politica migratoria lungimirante e globale rappresenta, ad oggi, un obiettivo fondamentale per l’Unione Europea (UE). L’UE tratta i problemi legati all’immigrazione nel quadro del più ampio settore “libertà, sicurezza e giustizia”.
Il primo punto dell’art. 79 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) , afferma:
«L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani».
Immigrazione regolare e irregolare
Le politiche europee in materia d’immigrazione puntano a stabilire un approccio equilibrato per gestire l’immigrazione regolare e affrontare il problema di quella irregolare.
Riguardo alla migrazione regolare, all’UE spetta la competenza di definire le condizioni d’ingresso e soggiorno legale dei cittadini di Paesi terzi (compreso il ricongiungimento familiare). Tuttavia, gli Stati membri conservano la facoltà di stabilire i volumi di ammissione per i cittadini extracomunitari in cerca di lavoro.
Invece, con riferimento alla lotta all’immigrazione irregolare, l’UE ha il compito di ridurla e prevenirla, per esempio attraverso un’efficace politica dei rimpatri che rispetti i diritti umani.
I flussi migratori in Europa dal 2015 a oggi
Dal 2015 a oggi il trend dei flussi migratori verso gli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo si è progressivamente ridotto. Lo dimostrano i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), la principale organizzazione a tutela dei diritti e del benessere di rifugiati, sfollati e apolidi.
Il 2015 rappresenta, inoltre, l’anno in cui si sono registrati i picchi più alti di flussi migratori, con oltre un milione di migranti. Il numero è sceso notevolmente negli anni a seguire: il dato registrato nel 2018 è di circa 140 mila migranti, mentre quello di quest’anno, fino a settembre 2019, sfiora i 70 mila migranti.
In estate, di solito, si verificano maggiori migrazioni, a causa anche del miglioramento delle condizioni climatiche. I Paesi UE maggiormente interessati dai flussi migratori si affacciano tutti sul Mediterraneo e sono: Spagna, Italia, Malta, Grecia e Cipro.
L'agenda europea sulla migrazione
Nel maggio 2015, la Commissione europea ha presentato l’Agenda europea sulla migrazione, un documento che raccoglie le politiche migratorie dell’Unione in un unicum organico di misure volte ad affrontare la sempre verde situazione di crisi che affligge il Mediterraneo. All’interno dell’Agenda, la Commissione ha delineato le iniziative e i progetti che serviranno a una gestione più efficace del fenomeno migratorio.
Le priorità individuate dalla Commissione
Dopo aver fissato le linee guida e le misure da adottare, in un comunicato del 2016, la Commissione ha indicato 5 priorità in materia di asilo e immigrazione. Le priorità individuate sono:
- stabilire un sistema sostenibile ed equo di determinazione dello Stato membro competente per i richiedenti asilo (previsione di specifici punti di ingresso, adozione di un nuovo sistema basato su una chiave di distribuzione, condivisione di responsabilità fra gli Stati membri e un'equa ripartizione dei richiedenti asilo). Per questo obiettivo, la Commissione aveva proposto la modifica del regolamento di Dublino;
- rafforzare il sistema EURODAC, per favorire la lotta contro l’immigrazione irregolare;
- armonizzare le norme del sistema europeo comune di asilo;
- prevenire i movimenti secondari all'interno dell'UE, evitando che il Regolamento di Dublino sia ostacolato da abusi o dal moltiplicarsi delle domande di asilo (il cosiddetto "asylum shopping") da parte di richiedenti o beneficiari di protezione internazionale;
- un nuovo mandato per l'agenzia UE per l'asilo, da attuare con una modifica del mandato dell'European Union Agency for Asylum (EASO), in modo che possa svolgere un nuovo ruolo di attuazione delle politiche e un ruolo operativo rafforzato, predisponendo risorse finanziarie e mezzi giuridici sufficienti a questo scopo.
Il regolamento di Dublino
Il Regolamento di Dublino è una convenzione che stabilisce i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide. La convenzione serve a garantire un’equa ripartizione delle responsabilità fra gli Stati aderenti.
La Convenzione di Dublino è stata firmata il 15 giugno 1990 ed è entrata in vigore il 1° settembre 1997.
Nel 2003 è stato adottato il Regolamento di Dublino II (regolamento 2003/343/CE). Nel 2013, invece, è stato approvato il Regolamento di Dublino III (2013/604/CE), con valenza per tutti gli Stati membri, ad esclusione della Danimarca.
Il sistema previsto dal regolamento è il seguente: il primo Stato membro che riceve una richiesta di asilo, o che memorizza le impronte digitali di un cittadino extracomunitario, è responsabile della richiesta d’asilo di un rifugiato.
Si è sostenuto più volte che il sistema non garantisce adeguata protezione ai richiedenti asilo, soprattutto a causa dei lunghi tempi di esame delle richieste e della poca rilevanza riconosciuta ai ricongiungimenti familiari. Inoltre, si è spesso rilevato che il suddetto sistema comporta una pressione maggiore per gli Stati membri che si affacciano al Mediterraneo, essendo più esposti all’ingresso di migranti e profughi.
Nel novembre 2017 il Parlamento europeo ha approvato una proposta di riforma, ma non è andata a buon fine. La proposta prevedeva il superamento dei criteri di Dublino e un meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo secondo un sistema di quote, a cui avrebbero dovuto partecipare tutti gli Stati dell’Unione. Inoltre, la proposta di modifica introduceva anche alcuni criteri che tenessero conto dei rapporti, familiari e non, del richiedente asilo con lo Stato membro in cui presentare la domanda.
Il sistema EURODAC
Gli Stati membri in cui si trovano i punti di primo ingresso sono tenuti a identificare e registrare tutti i migranti, rilevarne le impronte digitali e rimpatriare quelli che non necessitano di protezione. La polizia nazionale di ciascun Stato procede poi all’identificazione e all’acquisizione delle impronte digitali e invia tutte le informazioni all’unità centrale presso la Commissione Europea, per i confronti con i dati salvati in EURODAC.
EURODAC vuol dire European Dactyloscopie (ovvero “Dattiloscopia europea“), è il database europeo delle impronte digitali per i richiedenti asilo politico e per coloro che entrano o soggiornano irregolarmente nel territorio dell’Unione Europea.
Il sistema garantisce:
- una maggiore velocità nell’identificazione dei migranti e nel rilascio di nuovi documenti ai medesimi;
- una più accurata valutazione del rischio di fuga (aumentando così l'efficacia e la rapidità delle procedure di rimpatrio e riammissione);
- una maggiore facilità nel rintracciare i migranti in posizione irregolare nel territorio UE.
La "mission" dell’UE in materia di migranti
L’UE ha rinforzato l’azione di sorveglianza alle frontiere esterne, con lo scopo di sostenere gli Stati membri più esposti ai flussi migratori. Questa mission europea si è tradotta in azioni dettate soprattutto da preoccupazioni umanitarie.
In conformità al diritto internazionale, sono state adottate misure specifiche per individuare e fermare eventuali imbarcazioni sospette che possano essere collegate alla tratta di essere umani.
I viaggi dal Paese di origine, attraverso il Mediterraneo, verso un’ipotetica “oasi di salvezza”, ancora oggi vengono affrontati in condizioni precarie. Durante la traversata ogni migrante ha la consapevolezza del rischio di poter perdere la vita. Per contrastare il traffico dei migranti, l’Unione ha intrapreso diverse azioni: per esempio nel 2016 ha istituito il centro europeo contro il traffico di migranti, con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a reprimere il traffico di migranti.
Sempre in quest’ottica, si ricordi la riforma del quadro giuridico di Frontex, un’agenzia dell’Unione Europea, nata nel 2005 e con sede a Varsavia. Si tratta di un organo specializzato e indipendente che ha il compito di coordinare la cooperazione fra gli Stati membri nel settore del controllo delle frontiere.
Con la riforma, il Frontex cambia denominazione divenendo l’Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea e acquisisce anche maggiori poteri. Di recente, la Commissione Europea ha proposto un ulteriore rafforzamento dell’Agenzia, mediante l’istituzione di un corpo permanente fino a 10 mila guardie di frontiera entro il 2020 (termine che probabilmente sarà prolungato al 2027).
Il filo conduttore delle azioni intraprese dall’Unione sembra essere quindi connesso alla necessità di far rispettare i diritti umani di coloro che scappano dal proprio Paese cercando un rifugio sicuro all’interno dei confini europei.
Riflessioni conclusive
Il fenomeno delle migrazioni di massa è molto complesso, come abbiamo avuto modo di vedere. Diverse possono essere le cause che spingono migliaia di persone ad abbandonare la propria terra. Spesso i motivi principali riguardano storie di guerre e conflitti, assenza di lavoro e problemi di discriminazione politica o sociale.
Adottare un’unica linea d’azione non è né semplice né facile, poiché molte politiche europee per l’immigrazione risultano ancora acerbe e condizionate dalle legislazioni nazionali. Ciò si traduce spesso in soluzioni non adatte per affrontare un fenomeno di tale portata e complessità. Il tema dell’immigrazione andrebbe altresì affrontato con una strategia comune, che affronti altre problematiche, come la sicurezza e il rispetto dei diritti umani.
Onorare i nostri impegni internazionali e tener fede ai valori dell’Unione, senza trascurare la protezione delle nostre frontiere, implica trovare finalmente un equilibrio. Questo equilibrio può essere trovato solo con un intervento coordinato a livello europeo. L’UE dovrebbe perciò riaffermare il suo ruolo, nella scelta delle azioni d’adottare.